Cefalea

Il mal di testa, o cefalea, è il disturbo neurologico più frequente nella popolazione mondiale.

Si calcola che 3 persone su 4 ne soffrano almeno una volta nella vita.  È più colpito il sesso femminile

Quali sono i tipi di cefalea?

Le forme più diffuse sono quelle cosiddette primitive o idiopatiche, cioè di cui non si conosce la causa (salvo ipotesi): sono la cefalea tensiva e l’emicrania. Una delle forme secondarie più diffuse è la cefalea cervicogenica.

Cefalea tensiva

La cefalea tensiva si presenta con un dolore costrittivo a fascia o a casco, spesso bilaterale, di intensità lieve-moderata, non aggravato da attività fisiche routinarie, senza nausea e vomito. Spesso è associata a contratture dei muscoli del collo e delle spalle. L’attacco doloroso può durare da qualche ora a qualche giorno, fino ad un dolore quotidiano, cronico. Nella cronicizzazione del dolore si instaura nel cervello un meccanismo di sensibilizzazione, che mantiene la percezione dolorosa anche in assenza di contratture muscolari, creando così un circolo vizioso.

Le categorie più colpite sono le persone costrette al mantenimento prolungato di una determinata posizione durante una attività fisica o mentale (studenti, impiegati, insegnanti, operai addetti alle catene di montaggio), oppure soggetti sottoposti a ritmi di vita stressanti o con problemi psichici di vario grado e natura (soprattutto ansia e depressione).

Emicrania

L’emicrania si caratterizza per un dolore pulsante su un lato della testa (non necessariamente sempre lo stesso), di intensità medio-elevata, aggravato da attività fisiche routinarie, con nausea e vomito frequenti, necessità di ridurre gli stimoli sensoriali (stare al buio fermi in silenzio).

La fase dolorosa, oltre che dai prodromi (mancanza di appetito, cattivo umore), può essere preceduta in alcuni casi dalla cosiddetta “aura”, un fenomeno sensitivo patologico caratterizzato da alterazioni visive e del tatto. L’attacco doloroso può durare da qualche ora a qualche giorno.

Segue al dolore una fase di spossatezza, irritabilità. L’emicrania riconosce tipicamente vari fattori scatenanti, soggettivamente: stress, farmaci, jet-leg, insonnia, fatica, fine settimana, alcool, tiramina (contenuta soprattutto nei formaggi stagionati e nel Chianti). Si ritiene sia provocata da una alterazione della conduzione della trasmissione nervosa nel cervello, con una concomitante irritazione di strutture all’interno del cranio sensibili al dolore.

Cefalea cervicogenica

La cefalea cervicogenica è tra le più diffuse cefalee secondarie; in questo caso il problema noto che scatena il mal di testa è una patologia cervicale (tipicamente artrosi). Ha per prodromi tensione, dolore, rigidità cervicale. È localizzata a livello della nuca, ma può estendersi fino alla fronte, alla tempia, all’orbita, all’orecchio. Da un punto di vista individuale, la cefalea provoca disabilità, sofferenza e decadimento della qualità di vita.

Si verificano conseguenze negative in termini sia di partecipazione alla vita sociale che lavorativa. Un altro problema nelle forme frequenti o croniche di cefalea è l’abuso di farmaci sintomatici (antidolorifici, antiinfiammatori), che può portare a vari effetti collaterali e persino ad una cefalea da farmaci.

Che cosa può fare l’osteopata sul mal di testa?

Molto importante in casi di cefalea è il trattamento manipolativo osteopatico. Questo tipo di terapia non presenta particolari effetti collaterali ed è generalmente gradevole per il paziente. Può essere indicata specialmente per chi vuole evitare gli effetti collaterali dei farmaci sintomatici (es. danno alla mucosa dello stomaco) e dei farmaci profilattici (sonnolenza, aumento dell’appetito e del peso).

L’approccio dell’Osteopata al paziente con cefalea è olistico, cioè tiene conto di tutto il corpo e non solo della testa, perché la causa o concausa può risiedere altrove; tale approccio è necessariamente individuale, mirato sulle problematiche della persona stessa in quel momento.

Nello specifico si ha la possibilità di:

  • liberare le suture craniali, soprattutto quelle tra osso occipitale e osso temporale, riducendo le tensioni intracraniche, e riuscendo così a dare maggior agio alle strutture vascolo-nervose.

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  • effettuare un lavoro di riequilibrio tra i diaframmi del corpo: pelvico, toracico inferiore e superiore, buccale e il tentorio cerebellare (intracranico), che rappresentano strutture essenziali e cardine nella distribuzione delle pressioni all’interno delle cavità corporee;
  • migliorare la libertà di movimento delle articolazioni sacro-iliache, che rappresentano una delle principali cause di rallentamento della motilità craniale, soprattutto dell’osso occipitale, strettamente connesso al sacro tramite la meninge più esterna chiamata “dura madre” o migliorare la circolazione venosa intracranica e in tal modo normalizzare ancora una volta le pressioni che possono agire negativamente sulla sintomatologia;
  • ridurre le tensioni muscolari a livello cervicale, attuando un allungamento dei tessuti

Estremamente rilevante è il collegamento che c’è tra la cefalea ad alcune problematiche di tipo viscerale.

 

La particolare anatomia del bacino femminile e la meccanica del pavimento pelvico e dei visceri in esso contenuti, nonché l’asse ormonale esistente tra ipotalamo-ipofisi-utero-ovaio è un esempio significativo di questa interrelazione tra sistema muscolo-scheletrico e viscerale. Un lavoro sull’osso craniale che “ospita” l’ipotalamo e l’ipofisi: lo sfenoide, e sul sacro, potrebbero per esempio migliorare la biomeccanica, lo stato neurovegetativo e quindi anche ormonale, della zona prima citata.

A dimostrazione dell’efficacia dell’osteopatia sulla cefalea è stato svolto uno studio sperimentale (la cui attendibilità è confermata dal dato statistico p<0,001), il quale aveva come oggetto di studio un gruppo di 70 pazienti donne, con mestruazioni ancora presenti e una concreta positività alla scala di valutazione HIT-6. Una parte delle pazienti sono state sottoposte solo a trattamento osteopatico, uno alla settimana, per 3 settimane, mentre all’altra parte di soggetti si è fatto finta di somministrare il trattamento, per valutarne l’effetto placebo. I risultati hanno evidenziato la reale efficacia del trattamento con un’importante riduzione del numero di attacchi, dell’intensità del sintomo e un aumento di tempo trascorso tra due attacchi nelle pazienti realmente trattare, mentre i miglioramenti sono risultati molto inferiori nel gruppo placebo.

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